Scior Picaprede Pescadur – Sarnico 2012

Anche il coro “il Castello ha partecipato a questo grande recital all’aperto.

Mille anni di storia sul lago raccontati dalle sue genti. Saranno più di 600 gli interpreti che il prossimo 18 luglio scenderanno in piazza a Sarnico, sul lago d’Iseo, per raccontare la storia millenaria della propria città e delle città che lo affiancano.

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Sì, siamo stati un paese di scior,picaprede e pescadur (ma perimportanza forse sarebbe meglioinvertire l’ordine), siamo stati un postodove si respirava l’odore acre di pesce,sudore e polvere, ma anche di signorilitàliberty, con la sua ricchezza solida – e avolte romanticamente sperperata – e lasana inclinazione alla filantropia. Illungolago era imbandierato di reti ebertaèi (le nasse) stesi ad asciugare, ec’erano i naëcc attraccati a riva, e lesardine appese a essiccare in riva almolo del battello. Il Castelì remava finoa Montisola per portare la Margì inviaggio di nozze, il Mento al primoaccenno di pioggia scendeva giù dallacava delle Molere con la giacca ancoraimpolverata e si rintanava al cantinù delBaco per farsi il suo litro di rosso (poi sene faceva dare un altro mezzo per ilviaggio verso casa, 300 metri a piedi).Qualche donna come la Benvenuta finoa una ventina d’anni fa scendeva ancoraal lago a resentà i pagn, il Gamèlaportava a spasso la sua follia forseguidato dal vento che qui da noi in certegiornate profuma di acqua e quasi diluce, il paese aveva il colore un po’ cupodella pietra arenaria. Sarnico così nonc’è più, è rimasta sotto l’intonaco nuovodei palazzi vistalago, delle villette aschiera che s’arrampicano sempre più incollina: rosino, giallino, azzurrino chepare quasi d’essere a Salisburgo.Eravamo un paese di scior, picaprede epescadur, siamo diventati altro, unpaese di borghesia per bene in cerca dise stessa, ridotto a sua immagine eperciò senza una forte identità, con laricchezza diffusa che si esprime per lopiù con i Suv parcheggiati in centro, leville blindate come caserme, le boutiquedai prezzi iperbolici. Non c’è più il lezzodi pesce, sudore e alghe che t’aggredivasul lungolago, adesso è tutto cosìperfettino. Il paese s’è abbellito (l’arredourbano e le manifestazioni culturali ed’intrattenimento, per esempio, hannofatto notevoli progressi), certo, ma ha -inevitabilmente – perso un po’ della suaanima, sembra diventato un po’ piùanonimo. Per questo fanno piacere i tuffiall’indietro, le rievocazioni storichecome quella di domenica che si speranon vengano liquidate come happeningfolcloristici, l’ennesimo eventoacchiappaturisti. Ed è bello che tantagente del paese si sia offerta dipartecipare come comparsa: è un modoper ricordare, per dire che la storiasiamo noi, anche se è solo la storia di unpiccolo paese. Perché il posto dove restiè alla fine il posto che ti dai, è quel chesei.

 

Cantare fa bene al cuore