Se una cosa non fa difetto al nostro coro “il Castello” è la caparbietà.
Non è stato semplice proporre l’elevazione musicale dedicata alla “Madonna del Rosario” che ha visto il coro protagonista sabato 15 ottobre presso la nostra chiesa parrocchiale. Mesi di prove dopo il lavoro o gli impegni famigliari, di collaborazione reciproca, di impegno e di “arte”.
Sette Ave Maria anziché dieci come in uso nel Rosario tradizionale, partendo dal 1500 con Jacques Arcadelt e Tomàs Luis de Victoria a 4 voci, si è passati alla composizione a canone di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791). Si è proseguito con una composizione a 7 voci di Anton Bruckner (1824-1896) per arrivare ai più recenti Lorenzo Perosi, Bonaventura Somma e Guido Gambarini, compositori vissuti a cavallo fra il 1800 e il 1900. A conclusione della settina il Salve Regina in gregoriano. Dopo il fuori programma con l’immancabile Ave Maria di Schubert cantata dal tenore Roberto Tura, accompagnato dalla sarnicese maestra Elena Masnaghetti; ancora il maestro Tura solista nel brano di J.S.Bach “Deposuit Potentes” e poi la conclusione con due brani di difficile escuzione a 8 voci: Il Crucifixus di Antonio Lotti (1667-1740) e lo Stabat Mater di Pier Luigi da Palestrina (1525-1594).
Una storia di 25 anni, quella della corale; non è poca cosa, specialmente quando in ogni rappresentazione vengono celebrati l’amore per la musica e il rispetto dell’etica della convivenza, una scelta del maestro Mario Carminati che ha permesso in questi anni, a giovani e adulti, di condividere un difficile impegno: quello di praticare e divulgare il valore culturale e sociale della polifonia.
Per propria scelta il coro “il Castello” rimane tenacemente fedele a quel grande patrimonio rappresentato dai brani corali, sacri e profani, con una predilezione particolare appunto per la polifonia rinascimentale, forse la più “riservata” fra le espressioni della cultura musicale.
Nonostante la varietà delle melodie, tutte dedicate alla figura maestosa di Maria Santissima, che hanno reso scorrevole l’intero concerto, molto gradito dal folto pubblico presente, non posso dire di aver compreso e apprezzato ne dovuto modo ogni pezzo e la colpa non è certo del coro (a volte mi chiedo perché non mi abbiano ancora cacciato); ho più volte affermato, scrivendo di loro, la mia oggettiva difficoltà nel comprendere pienamente questa particolare “nicchia” della musica, che rappresenta un’eredità culturale mantenuta in vita grazie ai coraggiosi sforzi compiuti da associazioni culturali, gruppi musicali e musicisti.
Non bisogna comunque essere grandi conoscitori di musica per farsi coinvolgere dall’atmosfera quasi magica, la soavità, l’equilibrio delle voci che si uniscono alla perfezione, spesso senza il sostegno della musica, per creare straordinarie melodie. Che dire poi dalla passione dei coristi, supportati in questa elevazione musicale dai maestri Roberto Bottino, Franco Pirondini e Roberto Tura, che riescono a trasformare in emozioni le note musicali fino allo scroscio degli applausi che chiudono ogni brano.
Il coro è una fucina culturale, esserne coinvolti significa anche far parte di un contenitore di amici. Significativa, a questo proposito, la simpatia nata a fine settembre con un gruppo di francesi che ha accolto “signorilmente” coro e accompagnatori nella bellissima zona nel dipartimento della Charente, nella regione di Poitou-Charentes dove si produce il famoso “Cognac”. Quattro fantastici giorni che hanno fatto assaporare la gioia di stare insieme a persone speciali all’insegna della musica e dell’amicizia.
Alcuni di loro erano presenti al concerto di sabato: la famiglia Guillaume de Jarnac ha voluto onorare con la sua partecipazione l’impegno del coro. Ringraziati più volte dal maestro Carminati che nel suo francese “italianizzato” ha sottolineato ancora una volta l’apprezzamento per la signorile accoglienza. Ed allora: “Merci beaucoup a les familles Ches Loste, Dumont, Rebonille, De Noret, Montages, Catterin Matei, Meusson, Smith e Maritherese pour la noblesse démontré a notre chorale».
Essere coro è anche un’occasione per scoprire luoghi improbabili e formare nuove amicizie. Non è mai troppo tardi per diventare un corista.
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